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Bliss

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VOTO: 5

Vampirism, drugs & Rock ‘n’ Roll

Il termine Bliss significa gioia, e in riferimento religioso può designare beatitudine o addirittura paradiso. Queste tre accezioni si manifestano durante lo svolgimento della storia, quasi come una scalata a gradi, e quindi il conciso titolo Bliss (2019), diretto da Joe Begos, si palesa completamente su quanto il suo autore sarcasticamente vuole raccontare con questo horror contemporaneo, che recupera e aggiorna il tema del vampirismo. Dopotutto la figura del vampiro, tra la variegata galleria di mostri cinematografici e letterari, è quello più malleabile, perché può funzionare qual’ora lo si voglia utilizzare come metafora per raccontare temi di frustrazione, come ad esempio dimostra l’ironico Stress da vampiro (Vampire’s Kiss, 1988) di Robert Bierman e con Nicholas Cage; oppure il vampirismo si può calare e celare facilmente in atmosfere metropolitane e notturne, come dimostrano due cult degli anni Ottanta: Il buio si avvicina (Near Dark, 1987) di Kathryn Bigelow o Ragazzi perduti (The Lost Boys, 1987) di Joel Schumacher. Ma su tale tema e il suo utilizzo si potrebbe discettare a lungo, esponendo moltissimi altri esempi riguardo queste contaminazioni.

Inserito nella programmazione del Festival #Cineuropa34, ecco che a quella lunga lista vampiresca si aggiunge questo Bliss, che certamente non sarà l’ultima variazione sul tema. Joe Begos, che ha scritto anche la sceneggiatura, ha costruito il suo horror a tappe, per sottolineare la discesca della protagonista in un tunnel che sfocerà in una nuova vita che la renderà immortale, come ogni artista agogna. Bliss inizia come una normalissima storia incentrata sulla crisi creativa di una giovane pittrice, diventa poi rapidamente un “drug-movie”, con tutti gli effetti che comporta, e alla fine termina, appunto, come horror vampiresco, che non disdegna qualche copiosa schizzata di sangue. Un percorso di perdizione alimentato, oltre che da corpose sonorità rock-metal, anche da uno stile visivo tendente al lisergico e con un montaggio a volte pompato tipo videoclip. La formidabile droga, chiamata Diablo (nomen omen), diviene per Dezzy (Dora Madison) una dipendenza, un’assuefazione demoniaca che l’aiuta a terminare quel suo quadro rimasto incompleto, che lentamente prende una particolare fisionomia che si svelerà solo nel finale. È proprio questo concetto di dipendenza, in riferimento sia alla necessità di sniffare quotidianamente droga diabolica per restare creativi e sia ai bisogni sanguigni del vampiro per sopravvivere, che fa tornare alla mente una pellicola (volutamente non citata precedentemente) che aveva già raccontato questo: The Addiction – Vampiri a New York (The Addiction, 1995) di Abel Ferrara. È lo stesso regista Begos a citare come fonte d’ispirazione Ferrara, oltre a Lucio Fulci e Gaspar Noé, però il suo Bliss non aggiunge nulla di nuovo a quanto già (di)mostrò Abel Ferrara, e non immette niente di interessante al genere. Anche lo stile accattivante adottato da Begos, per rendere più “figa” la trama, non aiuta di certo a migliorare questo horror, e tutto sommato viene da pensare che sia una di quelle opere cinematografiche che si sono abbeverate troppo con la cinefilia, e cercano di ricrearla con un tentativo di arrangiamento diverso.

Roberto Baldassarre

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