Home AltroCinema Documentari Be Kind

Be Kind

62
0
VOTO: 7.5

Lungo le strade del cuore

Dopo la fortunata anteprima al Taormina Film Fest 2018, dove ha ricevuto una menzione speciale della giuria, Be Kind – Un viaggio gentile all’interno della diversità ha conquistato anche la platea della Sala Petrassi dell’Auditorium capitolino, laddove è stato presentato tra gli eventi speciali della 13esima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Quello co-diretto da Sabrina Paravicini e da suo figlio Nino Monteleone è uno di quei documentari capaci di riscaldarti il cuore, farti brillare gli occhi, inumidirti le guance e fare nascere sulle labbra più di un sorriso. E per farlo sceglie la strada più semplice, quella della leggerezza nell’accezione più nobile del termine, evitando di scivolare come spesso accade in operazioni analoghe nella retorica a buon mercato e nella speculazione dei sentimenti. Quelli che hanno animato sin dai primi istanti il progetto e che traspaiono dal suo final cut sono il frutto di un’esigenza viscerale e di una voglia dei due autori di parlare di diversità a 360°, come ricchezza e non come limite o motivo di esclusione sociale. Be Kind, infatti, estende il raggio d’azione e argomentazione ben oltre il tema della disabilità, per aprirsi a un discorso molto più vasto che passa attraverso la figura di Nino, un bambino dodicenne a cui è stato diagnosticato a due anni e mezzo un autismo infantile severo. Oggi, Nino è il protagonista, il centro, il fulcro di un film che riguarda non solo coloro con cui condivide la sua particolarità, ma tutti quelli che, in un modo o nell’altro, sono diversi. Diversi perché emarginati, perché parte di una minoranza, per il loro orientamento sessuale, diversi perché di un’altra etnia, religione, cultura rispetto a quella del Paese in cui vivono. Questo fa della pellicola in questione un “magma audiovisivo” colmo di parole, immagini, ricordi, incontri, abbracci, gesti e sguardi, che permettono al tutto di non trasformare l’Asperger nel baricentro tematico monopolizzante nella timeline. Per quello rivolgersi ad altro, ossia a pellicole che seguendo traiettorie diverse, hanno portato sullo schermo storie legate unicamente alla sindrome come Quanto basta o In viaggio con Adele.
Il cuore pulsante del film è il percorso umano, relazionale e topografico intrapreso dai registi e interpreti per dare forma e sostanza a un road movie esistenziale. Nel suo comporsi sullo schermo, Be Kind macina km e km avventurandosi nel Bel Paese al fine di raccogliere testimonianze utili alla causa. Ne vengono fuori dei faccia a faccia che lasciano ciascuno a proprio modo il segno in colui che guarda e osserva: da quello con lo scrittore Roberto Saviano, con cui Nino conversa sul tema della felicità secondo la teoria di Epicuro, a quello con Fortunato Cerlino che aiuta un giovane attore nello spettro autistico a prepara la scena madre di Robert De Niro in Taxi Driver, passando per quello con l’astronauta Samantha Cristoforetti che racconta a Nino il valore della diversità. E questi sono solo alcuni dei tanti incontri e delle tante vicende che comporranno un grande racconto a lieto fine, dove ogni singolo tassello porterà alla creazione di un bellissimo mosaico fatto di frame e suoni.
E lungo la strada i due protagonisti, accompagnati per l’occasione dalla macchina da presa di Lorenzo Messia e dalle musiche avvolgenti di Piero Salvatori, hanno avuto anche la possibilità, oltre che di raccontare, di raccontarsi. Perché Be Kind non è solo un film sulla diversità, ma un confronto generazionale e un percorso alla scoperta del legame tra una madre e il proprio figlio. In tal senso, si tratta di un documentario che concentra l’attenzione e si sviluppa dentro e fuori dal rapporto familiare, allargando così l’orizzonte della relazione materna a ciò che la circonda. Il che consente al risultato finale di aprirsi al mondo esterno, di non chiudersi a riccio tra le quattro mura di un appartamento.
Con dolcezza e intensità, l’opera ci conduce per mano lungo questi due binari che intersecati si muovono all’unisono. E qui diventa fondamentale il ruolo del viaggio, inteso come fisico ed emozionale, che nell’economia globale del film spalanca ad esso le porte di un dibattito che dona al progetto una mission in tutto e per tutto universale.

Francesco Del Grosso

Articolo precedenteAn Elephant Sitting Still
Articolo successivoDivagante #6: AMORE ALL’ULTIMO MORSO (Innocent Blood) di John Landis

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

otto − 3 =