La ribellione delle casalinghe disperate
Titolo ingannevole, sia nella versione originale che in quella italiana, questo di Bad Moms – Mamme molto cattive. Poiché in effetti trattasi di commedia mediamente divertente di tipo omogeneizzato, di quelle che gli americani sfornano in straordinaria souplesse; e dove non solo non si ritrova quasi assolutamente traccia di politicamente scorretto, ma pure i personaggi che meriterebbero qualche sana scudisciata nel didietro finiscono con il redimersi tra gli applausi di un pubblico che gradisce assai più la “carineria” di un prodotto senza obiettivi di ambizione alcuna che la satira malandrina ad una società in cui il ruolo della donna – anche negli Stati Uniti, presunta avanguardia di progresso – è ancora ben lontano da una completa emancipazione.
Decida il pubblico allora quanto sia credibile il sexy scricciolo Mila Kunis nella parte di Amy Mitchell, classica casalinga disperata con marito fedifrago (brillante la sequenza in cui viene scoperto dalla moglie a masturbarsi via chat con una ragazza dell’est Europa “frequentata” da mesi e mesi), due figli adolescenti in piena crisi di crescita e un lavoro in una società produttrice di caffè in cui è l’unica con la testa ben fissata sulle spalle. Molto meglio andiamo con la sboccatissima Carla interpretata dalla brava Kathryn Hahn (ruolo di rilievo nella splendida serie tv Transparent, tra le altre cose), autentica mina vagante tra le mamme ancor giovani di una scuola media-liceo dove fa il bello ed il cattivo tempo la ricchissima e potentissima Gwendolyn (Christina Applegate), presidentessa del comitato genitori. A contrastare tale abuso di potere si ergono appunto Amy e Carla, con la preziosa aggiunta di Kiki (Kristen Bell), genitrice alle prese con ben quattro pargoli di età variabile tra i dieci e gli zero anni.
Bad Moms, lo avrete capito, è la classica commedia smaliziata costruita con il preciso obiettivo di piacere a quanti più spettatori possibili, senza distinzione di sesso o età. I registi Jon Lucas e Scott Moore (sono gli sceneggiatori di tutti e tre i capitoli della saga di Una notte da leoni sin qui girati) risultano sin troppo abili nella costruzione narrativa di una commedia perfettamente standardizzata, con moderati picchi comici e qualche spruzzata di momenti di empatica partecipazione femminile alle disavventure del personaggio principale. Chi covava segretamente la speranza di assistere a qualcosa di vagamente oltraggioso nello stile di uno John Landis degli esordi rimarrà amaramente deluso; coloro invece, specialmente tra le donne che vivono con giustificata apprensione la condizione di mamma, troveranno la giustificazione “pedagogica” ai loro possibili errori in fase educativa. Accade quando la volitiva Amy rivendica il sacrosanto diritto di crescere ed imparare come genitrici, parallelamente ai propri pargoli. Bella e condivisibile teoria, la quale purtroppo affonda nella melassa di un finale che prevede un’inopinata conversione ad U anche da parte dell’antagonista Gwendolyn, in tutta evidenza cattiva in prevedibile astinenza da redenzione. Perché film del genere non possono prevedere, per loro natura congenita, messaggi che contemplino in se stessi quella pericolosa parolina chiamata ambiguità: la vita può essere anche dura, ma lo sfondo deve essere forzatamente tinto di rosa. Chissà se le donne italiane troveranno quest’istanza – peraltro perfettamente in linea con la campagna per la fertilità così fortemente auspicata dalla ministra renziana Beatrice Lorenzin – tanto condivisibile da applaudire felici ad un film che comunque suggella in qualche modo la loro indiscutibile superiorità in parecchi ambiti. Da appartenenti al nuovo sesso debole, come da chiara illustrazione della morale contenuta nel film, più di qualche dubbio sembra quasi obbligatorio nutrirlo, a fare un po’ da contraltare alle granitiche certezze – in fondo assai “conservatrici” seppur mascherate da gioiosa anarchia – propugnate da lungometraggi tipo Bad Moms – Mamme molto cattive.
Daniele De Angelis