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I figli del Fiume Giallo

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VOTO: 9

Young man, there’s a place you can go

Da sempre il cinema di Jia Zhangke abbraccia il tempo e lo spazio, della Cina ma anche oltre, estendendo il suo cinema per entrambe le coordinate di film in film, cogliendo le contraddizioni sociali e le trasformazioni urbanistiche e paesaggistiche di un territorio estremo, dove convivono modernità e tradizione, dove il passaggio al capitalismo sfrenato è stato brusco, creando una nuova elite e una massa di esclusi. Bastano le prime immagini di Ash Is Purest White (nella versione italiana I figli del Fiume Giallo), presentato in Concorso al Festival di Cannes 2018, per avere idea del quadro sociale in cui il film è ambientato, e una data, il 2 aprile 2001, che demarca l’arco temporale del film che si conclude nel 2018. L’interno di un pullman carico di gente umile, tra cui un bambino, inquadrato in formato 1.33 che poi si allargherà in anamorfico.

I protagonisti della prima parte di Ash Is Purest White fanno parte di una gang di arricchiti i cui affari sconfinano nella criminalità organizzata, mentre si profila una faida tra gang. Il capitalismo selvaggio è stato assimilato, uno dei boss pretende da un debitore gli interessi pur essendo parte della stessa famiglia. Al contempo nel territorio si profila la chiusura dell’attività mineraria, generando agitazioni sindacali nelle quali è coinvolto anche il padre della protagonista, Qiao, che pure è la fidanzata del boss locale, Bin. Il modello della nuova Cina ha perfettamente assimilato quello capitalistico di Hong Kong, l’ex-colonia britannica che è stata inglobata nella Repubblica Popolare, dove alla fine il suo sistema si è esteso. La Hong Kong pre-handover diventa anche un riferimento cinematografico, i suoi film di gangster offrono un modello di successo che plasma la popolazione cinese. Così Jia Zhangke, che già nel film A Touch of Sin omaggiava il cinema classico hongkongese di King Hu, qui inserisce più volte la canzone del film The Killer di John Woo, cantata da Sally Yeh, mentre più avanti mostrerà tutto il gruppo di affiliati guardare in venerazione alla tv un altro film dello stesso genere, con la presenza di Chow Yun-fat, Tragic Hero.
Nel loro amore tormentato, nel loro tira e molla sentimentale, a singhiozzo anche per motivi giudiziari, nel loro inseguirsi da un capo all’altro della paese, Qiao e Bin incarnano il dinamismo della nuova società cinese, il suo fermento, la sua mobilità. In un grande paese percorso da quei treni moderni onnipresenti nel film. Ma il viaggio nel paesaggio e nel territorio del regista è anche un viaggio nel suo stesso cinema. Quando Qiao incontra il bizzarro ufologo sul treno, che peraltro interpreta questa sua convinzione anche come business progettando uno sviluppo turistico ufologico, gli dice di avere visto un ufo. E l’allusione, in un gioco autocitazionista, è ovviamente a quello di Still Life, già interpretato peraltro dalla musa e moglie del regista Zhao Tao. Passando ancora per il villaggio antico di Fengjie caro al regista, nel territorio delle Tre Gole di Still Life, sul fiume Yangtze, con i territori che, si dice, sono destinati a essere sommersi dalla nuova, faraonica, diga. Nelle riprese dell’epoca evidentemente girate per quel film. Nella sua espansione spazio-temporale, nella sua esplorazione, nella sua stratificazione, Jia Zhangke ancora una volta vuole andare oltre, superare i limiti, contemplando mondi fantascientifici, il futuro di Al di là delle montagne, gli ufo di Still Life e di questo Ash Is Purest White.
La Cina abbracciata da quest’ultima opera di Jia Zhangke, è quella del majong e dell’agopuntura, ma anche quella dei locali al neon e degli spettacoli di ballerini trash in stile occidentale, che si esibiscono anche nei funerali tra gli stendardi della tradizione, è quella delle demolizioni e ricostruzioni edilizie, dei palazzi antichi e delle centrali nucleari e dei grandi stadi, del business e delle telecamere di sorveglianza. È quella dove risuonano tanto i motivi anni Ottanta della cantante taiwanese Sally Yeh, tanto quelli anni Settanta dei Village People, con Y.M.C.A., che fa il paio con Go West di Al di là delle montagne (nella versione dei Pet Shop Boys ma una canzone lanciata sempre dai Village People). Ma stavolta la struttura non è più circolare come nel film precedente, non si tornerà a Go West come per l’ormai vecchia protagonista di Al di là delle montagne che si portava sulle spalle non solo le speranze fallite della sua generazione ma un intero segmento di storia cinese. Il finale di Ash Is Purest White rimane aperto e sta in quelle immagini delle telecamere di sorveglianza, tanti quadri in un unico schermo, tante inquadrature di un grande paese, di un progetto cinematografico come quello di Jia Zhangke.

Giampiero Raganelli

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