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Ant-Man and the Wasp

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VOTO: 7

Mini supereroi per alto intrattenimento

Se Deadpool è per antonomasia il personaggio sboccato e irriverente dell’universo Marvel, Ant-Man risulta senza dubbio essere quello più simpatico e divertente. Del resto il regista-maieuta di questi primi due film della saga, cioè Peyton Reed, a scorrere la sua filmografia precedente è proprio il tipo di cineasta che ha sempre guardato alla commedia classica hollywoodiana come punto di riferimento assoluto. Tanto per fare un esempio in Abbasso l’amore – Down with Love (2003), con Renée Zellweger ed Ewan McGregor a rifare il verso – con parecchio buon gusto – a Doris Day e Rock Hudson per una rivisitazione filologica dei mitici e colorati anni sessanta cinematografici. Ciò premesso, confessiamo candidamente che questo supereroe capace di rimpicciolirsi fino ai minimi termini – ma in questo sequel avrà, come si suol dire, dimensioni del tutto variabili – ci ha fatto da subito spontanea simpatia. Sarà per l’aria stropicciata del non più giovanissimo Paul Rudd, l’attore che lo interpreta; sarà per la goffaggine quasi fantozziana che ne caratterizza un buon numero di azioni. Sarà infine per il fatto che Scott Lang alias Ant-Man è veramente uno di noi, un uomo comune con indosso quella famigerata tuta che lo rende inevitabilmente affine al cosiddetto “consorzio supereroistico”. Aggiungiamo in più la presenza della bella Evangeline Lilly, che nel sequel giustamente intitolato Ant-Man and the Wasp affianca a pieno titolo il personaggio principale nel nome di una parità sessuale mai così importante come oggi negli Stati Uniti, ecco che dare un giudizio positivo anche al sequel del primigenio Ant-Man diventa impresa facilissima, al netto di alcune, trascurabili, riserve. La prima delle quali riguarda uno script redatto forse da troppe mani – ivi comprese quelle dello stesso Paul Rudd – che per una buona metà fatica in tutta evidenza a tenere il passo sfrenato della parte successiva, come se in alcuni momenti si limitasse ad aggiungere quel minutaggio necessario a far sfiorare le tradizionali due ore di durata al film stesso.
Poco male. Perché è l’ultima parte, quella maggiormente d’azione ma sempre carica di affettuosa ironia abbinata ad un pizzico di sincero sentimentalismo, a rappresentare davvero il nucleo pulsante (letteralmente!) del film, con un’esplosione di trovate visive (ottima la fotografia del nostro grandissimo Dante Spinotti, per inciso) da mandare a memoria, nonché un incrocio di linee narrative, condotte con molta abilità da Reed grazie al montaggio alternato, capaci di tirare in ballo tematiche per nulla scontate tipo il dolore derivante dall’acquisizione di superpoteri (relativamente al bel personaggio femminile di Ghost, villain fino ad un certo punto) e l’importanza degli affetti famigliari, con relativo ingresso nel cast della sempre magnetica Michelle Pfeiffer nella parte della scienziata Janet Van Dyne, moglie del dottor Hank Pym (sempre interpretato da un carismatico Michael Douglas) e madre per lunghi anni scomparsa di Evangeline Lilly/ The Wasp. Certamente la rivedremo a breve nel composito, magnifico, universo a vasi comunicanti della Marvel.
Molta carne al fuoco, insomma. Magari a cottura non sempre perfetta ma in grado di saziare a piacimento coloro che si avvicinano ad un lungometraggio pretendendo come ovvio un intrattenimento di alto profilo. Promessa che il comparto cinematografico della Marvel mantiene puntualmente ogni volta. Anzi, alzando l’asticella ad ogni passo successivo, come testimonia il puntuale post scriptum sui titoli di coda, ulteriore colpo d’ala che collega Ant-Man and the Wasp all’apocalittico finale del recente Avengers: Infinity War dei fratelli Russo. Con annessa garanzia che ne vedremo ancora delle belle, in più o meno trepidante attesa di nuove news dalla beneamata galassia gloriosamente targata Marvel.

Daniele De Angelis

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