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Andiamo a quel paese

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VOTO: 7

Non è un paese per giovani

Diciamoci la verità: di commedie italiane ne abbiamo viste di tutti i tipi; Ficarra e Picone sono due personaggi ormai collocati in un punto ben preciso del nostro immaginario; e decidere di andare a vedere un film con due comici come protagonisti predispone a una serata all’insegna dell’ilarità. Eppure, le risate che animeranno le sale dove verrà proiettato Andiamo a quel paese non saranno poi così grossolane. L’ultima opera dell’ormai noto duetto è sì una commedia leggera e divertente, ma dietro a quella leggerezza si cela un dramma assai attuale: quello della crisi che ha colpito l’intero mondo occidentale, analizzata da un punto di vista tutto italiano, dove l’ansia di rimanere senza mezzi di sussistenza fa sparire ogni traccia di umanità dai rapporti.
Salvo e Valentino, rimasti senza lavoro, sono costretti a tornare, loro malgrado, al paese natio, Monteporto, ma non appena rimettono piede nel piccolo comune siciliano, vengono sorpresi da un’inaspettata realtà: il luogo è popolato quasi esclusivamente da anziani. Presi dallo sconforto, i due protagonisti in un primo momento iniziano a rimpiangere quanto si sono lasciati alle spalle per colpa della crisi. Ma poi, pian piano, cominciano a maturare una nuova prospettiva: gli attempati abitanti del piccolo comune sono anche uomini e donne che negli anni 50 e 60 hanno svolto il loro lavoro sotto tutele sindacali e contratti che oggi non potremmo nemmeno sognarci, ritrovandosi con dei privilegi che difficilmente riusciremo ad avere quando sarà il nostro turno.
Alla luce di queste digressioni, i due spiantati elaborano un piano dir poco diabolico…
La trama di questa divertente commedia tutta italiana scorre con una dinamicità e un ritmo che non permette alcuna distrazione: rapito dalle risate e da un’inevitabile immedesimazione, lo spettatore non potrà fare altro che sentirsi un po’ Salvo o un po’ Valentino, a seconda dei casi, per tutta la durata della messinscena. E quando il sipario calerà sotto ai suoi occhi sotto forma di titoli di coda accompagnati da un coinvolgente Alberto Sordi canterino, non potrà che strofinarsi gli occhi dalle lacrime.
Una comicità piuttosto grottesca, tuttavia, quella di Ficarra e Picone, già sperimentata in film come La matassa e Il 7 e l’8: far emergere lo status quo nei suoi aspetti più drammatici e poi scherzarci su per sdrammatizzare, è il file rouge che caratterizza le loro opere. In Andiamo a quel paese, in particolare, la realtà viene addirittura esasperata, nel tentativo di mettere in risalto il capovolgimento che caratterizza la società odierna: una società in mano ai vecchi, non più ai giovani. Il mito del bravo giovanotto pieno di energie che aiuta l’anziano che non può più badare a se stesso è crollato, e dalle sue ceneri è sorto un castello di carta governato da vecchi uomini di potere che capovolgono il naturale corso degli eventi pur di non abbandonare il proprio trono.
È inevitabile che in un’ipotesi di futuro un po’ apocalittica, ciò comporta la totale perdita di rapporto con l’altro, visto esclusivamente come un oggetto finalizzato a produrre i mezzi per il proprio sostentamento.
Tra una gag e un gioco di parole, tra una freddura e un bisticcio, di quelli che si ripetono a ogni scena, come vuole il vero humour made in Italy, Ficarra e Picone ci offrono un piccolo scorcio di attualità, un fugace punto di vista raccontato attraverso una commedia esilarante di cui i cinefili più buontemponi non potranno fare a meno.

Costanza Ognibeni

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