Guarda un po’ chi si rivede
Un’amicizia di vecchia data per un lungo sodalizio artistico. Ventitré film insieme e una “pausa di riflessione” lunga ben tredici anni. Dopo aver lavorato ognuno per conto proprio dopo l’ultimo lungometraggio insieme (Natale a Miami, diretto nel 2005 da Neri Parenti), ecco ricomporsi la storica coppia di comici formata da Massimo Boldi e Christian De Sica in un lavoro tra i più intimi e personali del celebre duo. Amici come prima – per la regia dello stesso De Sica – ha, come consuetudine vuole, sollevato più di una polemica, di fianco ad altrettante buone aspettative da parte dei più affezionati. E se, da un lato, proprio questo carattere “intimistico” (per quanto il genere permetta) si è rivelato a tutti gli effetti un vero e proprio valore aggiunto all’intero lavoro, dall’altro, purtroppo, non si può non riconoscere alla presente pellicola non poche problematiche. Ma andiamo per gradi.
Carichi e motivati più che mai, Massimo Boldi e Christian De Sica hanno, per l’occasione, vestito i panni rispettivamente di Massimo Colombo – un ricco proprietario alberghiero non più giovanissimo e con la passione per le belle donne – e di Cesare Proietti – storico direttore del suddetto albergo, che viene ingiustificatamente licenziato dalla figlia di Colombo e che, bisognoso di guadagnare al fine di produrre il primo disco rap di suo figlio, si trova costretto ad approfittare del fatto che Colombo necessiti una nuova badante, candidandosi per impegnativo ruolo vestito da donna e sotto falsa identità.
Se si pensa ai temi trattati (vedi, ad esempio, la questione dell’omosessualità e del transessualismo), qui affrontati in modo assai meno diretto e “di pancia” di quanto fatto in passato, e, soprattutto, alla predilezione per una struttura classica e lineare che evita ogni messa in scena corale e consuete sfilze di equivoci, ecco che fin da subito questo Amici come prima ci appare come un prodotto atipico per lo storico duo comico. Quasi come se, pur mantenendo le principali costanti che per anni e anni hanno caratterizzato il lavoro dei due, gli stessi Boldi e De Sica siano quasi “maturati”, come se avessero voluto fare quel passo successivo in grado di conferire un diverso spessore al loro lavoro.
Non mancano, a tal proposito, numerosi riferimenti al cinema del passato (impossibile non pensare, a tratti, al capolavoro di Billy Wilder, A qualcuno piace caldo) o anche spunti autobiografici (particolarmente significativo, a tal proposito, il rapporto tra Cesare Proietti e suo figlio, che tanto sta a ricordare il legame tra lo stesso Christian De Sica e suo figlio Brando). Una ventata di novità di fianco, però, a una comicità che non sempre funziona, con battute spesso e volentieri deboli e, purtroppo, anche snodi narrativi altamente – e irrimediabilmente! – prevedibili. Eppure, ciò nonostante, il presente lavoro si è rivelato molto meno scontato di quanto inizialmente si pensava e, pur non raggiungendo picchi altissimi, può classificarsi di diritto come uno dei lungometraggi più significativi per le carriere di Massimo Boldi e Christian De Sica.
Marina Pavido