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American Anarchist

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VOTO: 7

Scheletri in libreria

American Anarchist è un docufilm diretto da Charlie Siskel, incentrato sulla vita di William Powell, autore del libro “The Anarchist Cookbook”. Il film è stato presentato Fuori Concorso alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Potrebbe definirsi uno strano scherzo del destino: William Powell, per gli amici Bill, è morto prima di vedere il film di cui è stato senza volerlo sia protagonista che sceneggiatore, un lavoro nel quale cercava di appianare i suoi rimorsi e trovare in qualche modo il perdono. Non è andata così, perché si è spento prima di poter vedere il prodotto ultimato. William Powell però non è un regista, non ha niente a che vedere con il cinema, forse con la letteratura o con la politica, ma senza dubbio non con il cinema. Alla sua storia si è interessato infatti uno del settore, un certo Charlie Siskel, che lo ha conosciuto in tenera età durante i fecondi Settanta. Una conoscenza indiretta, visto anche il divario anagrafico tra i due, un incontro avvenuto attraverso un libro diventato cult di quegli anni: “The Anarchist Cookbook” (pubblicato nel 1971), di cui William Powell è l’autore. Il manuale in questione – racconta lo stesso Siskel – lo aveva suo cugino, a quel tempo diciannovenne, che lo custodiva gelosamente nella sua libreria. Un libro che lo spaventava ed allo stesso tempo affascinava, come succede da sempre negli occhi di ogni bambino quando si rapporta con il proibito. Mai avrebbe pensato, l’ancora giovanissimo futuro produttore, che le mani nella marmellata le avrebbe messe nuovamente da grande, quando quel testo sarebbe rientrato dalla finestra da cui era stato lanciato. «Era un libro da non avere», dice Siskel. The American Anarchist – che per assonanza rimanda alla parola “antichrist”, in opposizione al Bene assoluto – è una pellicola che ripercorre la vita di una personalità affascinata da Fidel Castro e Gavrilo Princip (il rivoluzionario bosniaco ritenuto responsabile dello scoppio della Prima Guerra Mondiale), strutturata come una lunga intervista che lo stesso Siskel fece allo scrittore nella sua dimora francese. In realtà, continua Siskel, l’uomo davanti alla cinepresa ricorda più il Lord Jim del romanzo di Joseph Conrad: il primo ufficiale che dopo una tempesta abbandona la nave per codardia, pensando che stia per affondare, e che dopo il processo si dovrà scontrare con la sfiducia della società. Quella di William Powell è una storia che si sviluppa in seno al conflitto tra la Presidenza Nixon e la controcultura della Beat Generation, quando nuovi codici espressivi e nuove libertà bussano violentemente alla porta degli Stati Uniti e dell’Europa. La maggioranza silenziosa è con il Governo, la polizia pure. Il giovane Bill è arrabbiato come i suoi coetanei, reduce dall’esperienza traumatica in collegio e dal rapporto controverso con il padre, ma decide di stare comunque ai margini di quel movimento e rifugiarsi in biblioteca a scrivere. Sarà questo l’ambiente in cui vedrà la luce “The Anarchist Cookbook”, un vademecum per la fabbricazione di rudimentali esplosivi ed altri strumenti per la guerriglia, pubblicato dalla casa editrice di Lyle Stuart. Da quel momento in poi il libro diventa un vero e proprio successo editoriale, dando vita ad un effetto domino senza precedenti che arriverà fino ai giorni nostri e fino alle sue estreme conseguenze. Durante l’intervista, infatti, Siskel metterà l’ormai anziano autore davanti ad un fatto compiuto: il libro pare abbia influenzato diverse stragi avvenute negli Stati Uniti dal momento della pubblicazione in poi, compresa quella documentata da Michael Moore in Bowling a Columbine (2002, di cui Siskel stesso è produttore). Questa reiterata consapevolezza creerà una frattura tra il Powell ventenne e quell’innocuo vecchietto che davanti all’obiettivo scandisce con numerosi silenzi i suoi mea culpa. Due fasi distinte della vita in rotta di collisione, dove la seconda metà sarà passata a prendere le distanze dalla prima, in una via crucis di redenzione rispetto alla sottile linea di confine tra la responsabilità per quei massacri e la sua totale estromissione. American Anarchist è quindi una no-fiction complessa che apre più questioni di quelle che alla fine vengono risolte e che riecheggiano incredibilmente attuali: dove termina la colpa di Powell e inizia quella degli autori delle carneficine? Quando la violenza diventa strumento lecito di difesa contro un sistema altrettanto repressivo? Quel che è certo è che l’opera di Siskel, lungi dal voler ridare visibilità al saggio, tenta semmai di ridimensionarne la portata attraverso un violento scontro (questa volta solo verbale) con l’autore, facendo sì che poco prima della sua scomparsa tutto venisse rigettato ed il viaggio di assoluzione fosse finalmente compiuto.

Riccardo Scano

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