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Alida

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VOTO: 7.5

Da Pola con amore

Poco alla volta, quasi timidamente, il cinema si sta riaffacciando in quella che dovrebbe essere la sua destinazione naturale, ovvero le sale.
Sala cinematografica che è anche terreno di incontri. E in linea con tale opportunità, mercoledì 19 maggio abbiamo assistito al cinema Eden di Roma a una proiezione di Alida cui erano presenti anche il regista Mimmo Verdesca, Antonio Adinolfi per Fenix Entertainment e Simona Pellis in rappresentanza dell’Unione degli Istriani. Con quest’ultima, che assieme agli altri aveva introdotto il film, ci si è poi trattenuti a proiezione conclusa per scambiare qualche parola, su alcuni aspetti che ritenevamo importanti nella realizzazione di tale opera.

Cominciamo però dall’impatto che Alida ha avuto su di noi. Mimmo Verdesca, già autore di lavori che in passato hanno ottenuto Nastri d’argento e premi al Giffoni Film Festival, indubbiamente conosce il suo mestiere. Questo suo tributo alla figura di Alida Valli nata Alida Maria Altenburger, però, assieme alla costruzione drammaturgicamente matura rivela i tratti di un gesto d’amore, di un’appassionata e affettuosa rievocazione di ciò che la grande attrice, che non voleva essere chiamata diva, è stata non soltanto sui set di film importanti o a teatro, ma anche nella propria dimensione esistenziale più intima, profonda, privata. Accanto ai successi in campo artistico, la biografia della Valli può del resto vantare non poche tragedie e situazioni comunque sofferte, dalla prematura scomparsa dell’amato padre alla morte in guerra del suo primo amore, l’aviatore Carlo Cugnasca, abbattuto a Tobruk; senza tralasciare le ferite nell’anima lasciate dal dover testimoniare per un noto episodio di cronaca nera, il caso Montesi, in cui era stato erroneamente coinvolto nel 1953 un fidanzato di allora, il musicista Piero Piccioni. Su queste e su altre tappe di una vita ricca di stimoli ma a tratti anche tormentata Mimmo Verdesca si avventura con tatto ed empatia, rivelando poi altrettanta sensibilità quando, complici interviste con famigliari e grandi nomi dello spettacolo, è lo straordinario curriculum cinematografico e teatrale di Alida Valli a essere posto sotto i riflettori.
Dal primissimo e brusco contatto con un Centro Sperimentale di Cinematografia, che ne aveva inizialmente bocciato la presunta indisciplina, alla grande popolarità raggiunta sempre da giovanissima col cosiddetto “cinema dei telefoni bianchi”; dalla dorata esperienza a Hollywood iniziata con Hitchcock e culminata con Il terzo uomo, fino all’esplodere della passione per il teatro, dove pure si rivelò grande; dal positivo incontro con nuove, arrembanti personalità del cinema italiano, Bernardo e Giuseppe Bertolucci come pure Dario Argento che in Suspiria la raffigurò sadicamente perversa, fino ai riconoscimenti di grande prestigio raccolti in età più matura. Su tutti il David di Donatello come Migliore attrice non protagonista per La caduta degli angeli ribelli di Marco Tullio Giordana e il Leone d’Oro alla carriera assegnatole nel 1997, per una assai azzeccata intuizione di Felice Laudadio.

Insomma, di carne al fuoco in Alida di Mimmo Verdesca ce n’è davvero parecchia, tant’è che il documentario ha una durata considerevole. Ma la narrazione scorre sempre in maniera piacevole e coinvolgente. Si è trovato anche spazio, al momento di rievocare l’infanzia a Pola dell’attrice, per accennare alle sofferenze della popolazione istriana durante e dopo la guerra, nonché per riportare una dichiarazione bellissima della stessa Alida Valli, che nel glissare sulla proposta di cittadinanza onoraria da parte dell’attuale amministrazione croata volle ribadire, con orgoglio e affetto per la sua terra, la propria italianità. Questo è stato poi lo spunto di un nostro rapido scambio di battute con la già menzionata Simona Pellis.

Stefano Coccia: Il documentario Alida è stato realizzato anche grazie all’importante contributo economico dell’Unione degli Istriani, la più grande associazione di Esuli dal nostro confine orientale. A Simona Pellis, Coordinatore regionale per il Lazio per l’Unione chiediamo cosa significhi per loro vedere il nome della Valli finalmente associato all’aggettivo ‘istriana’, volentieri sottaciuto in passato.
Simona Pellis: Indubbiamente lo consideriamo molto importante. Per ragioni legate alla nostra storia dolorosa, troppo complessa da spiegare in poche righe. Provo a rispondere allora con una mia riflessione. I molti popoli che sono stati ‘sacrificati’ sull’altare della Realpolitik sono stati poi inesorabilmente condannati anche all’oblio. Noi non abbiamo fatto eccezione.
Generalmente sono gli stessi artefici del sacrificio –svariati nel nostro caso- che si adoperano per relegare le vittime nell’ombra, quasi fossero il corpo del reato di un delitto da occultare.

Come si potrebbe altrimenti spiegare che in un Paese in cui si è sempre saputo in quale punto di Cellino San Marco era venuto alla luce Albano Carrisi, nessuno sapesse che Alida Valli era istriana? O che del nostro popolo facevano parte anche Laura Antonelli, Sergio Endrigo, Nino Benvenuti, Ottavio Missioni, o Uto Ughi?

In quest’ottica il film sulla Valli è per noi importante. Alida è una delle nostre glorie, è sempre stata legata alla sua terra e nel film di Verdesca si evince chiaramente.

Noi Esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia conserviamo indelebile il ricordo della nostra aspra storia e non smetteremo mai di batterci perché venga conosciuta per quello che è veramente stata; in tal senso il film di Verdesca può rappresentare una preziosa occasione di studio e di riscoperta.
La nostra dolce Terra, -amatissima da Roma prima e da Venezia poi-, ha fortemente contribuito all’identità culturale del nostro Paese ed è bene che tutti lo sappiano.

«…sì com’ a Pola, presso del Carnaro, ch’Italia chiude e suoi termini bagna».
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, canto IX, vv. 112-114)

Stefano Coccia

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