Cosa si può mai costruire intorno all’abuso?
“È un film che ruota intorno al concetto di abuso” così dice il regista cileno Jorge Riquelme Serrano presentando la sua opera seconda – Algunas Bestias – al pubblico convenuto nella sala tre del cinema Reposi di Torino durante il Torino Film Festival 2019, nel quale il film è in concorso.
Abuso e violenza sotto vari aspetti, specifica sempre il regista, già, ma come viene mostrato un tema tanto forte? Il regista organizza una narrazione serrata, nella quale le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione si sommano ad un’atmosfera da kammerspiel tedesco. Partendo da questi elementi dunque il film dipana la sua struttura narrativa portante con una coerenza assoluta nella quale né una battuta né una inquadratura sono superflue o gratuite.
Tutto serve, tutto è calibrato con attenzione scientifica. A dare fin da subito questa sensazione di “osservazione scientifica” di storia e personaggi sono le inquadrature verticali che aprono la pellicola, quasi come se stessimo osservando al microscopio una coltura ottenuta in laboratorio.
Il tono scientifico continua poi con una macchina da presa spesso attaccata, e comunque sempre molto vicina ai personaggi. Ma se l’occhio cinematografico segue sempre da vicino i personaggi il suo sguardo appare tuttavia distante. Non c’è partecipazione o intimità. La camera pare scrutare più che riprendere i personaggi, in un modo che ricorda molto da vicino le riprese tipiche dei documentari naturalistici. Stiamo dunque scrutando delle bestie, le bestie del titolo, nel loro ambiente naturale.
Senza pregiudizi ma anche senza falsi pudori il regista indaga queste bestie, il loro ambiente, le loro abitudini e ci trasmette i risultati della sua ricerca senza celarci niente, con il chiaro intento di diffondere la conoscenza di questa comunità.
I risultati della ricerca sono impietosi e l’asciuttezza delle immagini non ne scalfisce minimamente l’impatto sullo spettatore, anzi ne favorisce l’attenzione e la comprensione di ciò che viene mostrato. Questo rigore scientifico è probabilmente anche ciò che ha permesso al regista di mostrare scene molto forti e crude senza tagli o elisioni, tutto arriva sullo schermo, tutto arriva allo spettatore, il quale quindi non può sottrarsi ed è costretto a ragionare ed interrogarsi.
Tutto ciò porta a vedere nella filigrana del film una riflessione politica, sociale ed umana sul Cile contemporaneo. La famiglia protagonista, dunque, diventa sineddoche di una nazione e dei suoi guasti, portatrice di un cuore di tenebra che non può fare altro che perpetuare e continuamente ingenerare quell’abuso al centro del film. Abuso che non è solo fisico, sessuale, ma è anche sociale, economico, psicologico, emotivo e finanche storico.
Non è certo una missione da poco quella di cui si è fatto carico Serrano, il quale appare, come gli altri suoi colleghi del nuovo cinema cileno, un militante che fa del cinema uno strumento politico usato per provocare un risveglio ed un cambiamento della società cilena. Facciamo loro tanti auguri perché riescano nel loro intento.
Luca Bovio