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A Thousand and One

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VOTO: 7

I figli sono di chi li cresce

Dopo la première al Sundance Film Festival 2023 dove ha vinto il Gran Premio della Giuria per il miglior film drammatico, per A Thousand and One è giunto il momento di approdare nelle sale nostrane il 29 giugno, ma non prima di avere fatto bella mostra di sé sugli schermi della 69esima edizione del Taormina Film Festival. Da oltreoceano sbarca sul Vecchio Continente la pellicola che ha stregato e commosso il pubblico della prestigiosa kermesse a stelle grazie al carico di emozioni cangianti della quale si fa portatrice, offerto alla platea di turno nell’arco delle due ore a disposizione. Un tempo questo che può diventare infinito e soporifero se non gestito a dovere, specialmente quando ci si muove nel territorio minato del dramma.
Per sua e nostra fortuna l’opera prima di A.V. Rockwell si è dimostrata capace di sopportare il peso dell’intera durata e lo ha fatto grazie a una serie di elementi. Da una parte c’è l’ottimo lavoro in fase di scrittura, non tanto nell’originalità del plot e dei personaggi che lo animano che percorrono strade narrative e drammaturgiche già battute, bensì nell’utilizzo efficace dei turning point, sapientemente disseminati nella timeline per risollevare il film ogniqualvolta va sedendosi o giri a vuoto. La regista statunitense fa affidamento sulle sue qualità da sceneggiatrice, mettendole al servizio dell’architettura del film. Con dei plot twist mirati e potenti, l’autrice alza la temperatura emotiva del racconto e in certi casi, come ad esempio per quello collocato a pochi minuti dai titoli di coda, il termometro raggiunge un picco elevatissimo, arrivando persino a spiazzare lo spettatore con un colpo di scena inaspettato che entra a gamba tesa sul fruitore. Ed è lì che A Thousand and One trova la sua ragione d’essere e di esistere, in quei minuti finali che ribaltano e stravolgono completamente la visione, che fino a quel momento aveva percorso traiettorie piuttosto lineari e convenzionali per il cinema afro-americano e non solo. Insomma niente che non si fosse già visto o sentito nei Moonlight e Se la strada potesse parlare di Barry Jenkins, piuttosto che nella filmografia di Spike Lee. La scelta di non concentrarsi unicamente sulla questione razziale allarga gli orizzonti drammaturgici dell’opera ad altri temi universali, permettendo alla regista di toccare e suonare altre corde anche su un piano emozionale.
A Thousand and One ruota e sviluppa il proprio baricentro intorno a una storia di riscatto, formazione e legami affettivi, il ché rende tutto più vicino e catartico per il pubblico. Lo fa entrando nella vita di Inez, una parrucchiera di Harlem appena uscita di prigione che ha dovuto dare in affidamento suo figlio Terry. Non potendo più stare lontano da lui, che ora di anni ne ha sei, un giorno decide di rapirlo. Il bambino è contento di stare con sua madre e lega subito con Lucky, il compagno di Inez. Le loro vite cambiano radicalmente, aggrappandosi l’uno all’altro, madre e figlio ritrovano il senso di casa, la propria identità e una stabilità. Gli anni passano e Terry diventa un adolescente intelligente e brillante negli studi. Sua madre sogna per lui un avvenire sereno e lontano dalla strada, ma il segreto all’origine della loro travagliata storia famigliare sembra voler riemergere prepotentemente. Ed è questo segreto il gancio finale di cui sopra che manderà al tappeto gli spettatori più sensibili.
Ma sono più di ogni altra cosa le emozioni, quelle che il film genera e regala in grandi quantità, la chiave attraverso la quale il risultato apre le porte del cuore, accarezzandolo e al contempo trafiggendolo di continuo. Quella che forza le ultime resistenze è rappresentata dall’interpretazione coinvolgente e intensa di Teyana Taylor nei panni di una donna determinata, molto leale, impetuosa, e dallo spirito libero. La cantante, ballerina, coreografa e modella statunitense, qui prestata alla recitazione che aveva già avuto modo di sperimentare di recente nel remake di Chi non salta bianco è nel ruolo di Imani e in quello di Bopoto in Il principe cerca figlio, qui alza di molto l’asticella, diventando un autentico valore aggiunto.

Francesco Del Grosso

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