Ossang firma un thriller punk post-apocalittico
Nella sezione Contemporanea del Ravenna Nightmare Film Fest, il regista F.J. Ossang ha presentato il suo ultimo lavoro: 9 Doigts, cioè 9 dita, un film visionario e surreale dove cinema letteratura poesia si intrecciano, lasciando il predominio della parola e dell’immagine sulla linearità della storia. Un’opera notevole seppur a tratti eccessivamente farraginosa e logorroica; la ridondanza di richiami letterari e filosofici è attenuata solo dalla potenza della colonna sonora, di cui lo stesso regista è autore ed interprete con il suo gruppo punk rock M.K.B. Fraction Provisoire.
Il film, girato in bianco e nero in pellicola, appare inizialmente come un noir anni ’40: il personaggio principale Magloire, che protagonista in senso stretto non è, sviluppandosi poi la trama in senso più corale, fugge dalla polizia, riceve del denaro da un uomo in fin di vita, viene infine catturato e fatto prigioniero da una banda criminale agli ordini del temuto ‘9 dita’. Qui ha una sola scelta: unirsi a loro o morire. Da qui il film assume toni decisamente surreali e simbolici; la banda si imbarca infatti su una sinistra nave carica di polonio in un viaggio senza fine. A bordo, si intrecciano storie e personaggi in quello che sembra un lungo sogno con prolissi discorsi letterari e filosofici; un’atmosfera irreale che avvolge tutto e tutti, mentre la nave continua a navigare senza meta con un’unica tappa intermedia per il rifornimento: Nowhere Land, una strana isola formata da rifiuti. Qui si imbarcano altri sinistri personaggi, il Dottore e i verniciatori di polonio, mentre la nave cambia nome, cosa che, al pari dall’avere due donne a bordo, nelle superstizioni del mare porta sfortuna. Quindi la nave riprende a navigare, mentre la paura di una strana peste si propaga tra la banda; ma è ancora un viaggio senza chiara destinazione, la stessa visione della mappa nautica serve più a confondere che a chiarire, in quella che pare essere una metafora della vita stessa, dove tutti siamo in viaggio ma non sappiamo verso dove e dove l’uomo continua ad inseguire un qualcosa senza mai arrivare a raggiungerlo.
9 Doigts vira quindi prepotentemente dal classico noir ad una situazione esistenzialista; siamo in una dimensione sospesa, atemporale, che la scelta del bianco e nero favorisce, mentre il viaggio della nave ricorda quello dell’Olandese Volante, il Vascello Fantasma delle leggende costretto a solcare i mari in eterno. L’unica tappa, sulla Nowhere Land, rimanda all’Isola che non c’è di Peter Pan ma anche ai Beatles, laddove Magloire è un Nowhere Man, e soprattutto al rock di Mike Slamer. Perché nella sua cornice dadaista, 9 Doigts è un film punk post-apocalittico, nel quale il regista gioca, con successo, tutte le sue carte, compresa quella di musicista, riuscendo nella non facile impresa di trovare un equilibrio tra le arti e fondere in un tutt’uno fotografia, pittura, musica, letteratura e poesia su una sola pellicola.
Michela Aloisi