“Survivor movie” all’italiana
Sopravvivere a condizioni lavorative allucinanti, far fronte alle richieste sempre più asfissianti di un “cravattaro” romano con l’aria da dandy consumato (si fa chiamare addirittura “il poeta”, lo strozzino in questione), dover chiedere aiuto ad amici e parenti che poi ti mollano sul più bello, affrontare per telefono l’ex moglie scappata con l’elettrauto ma sempre presente allorché si tratti di battere cassa per gli alimenti: si può anche riassumere così il girone infernale in cui la vita ha trascinato quel giovane agente di commercio, identificato nei frangenti più convulsi del racconto con il codice “4021” (quasi a rendere ancor più kafkiana la situazione), che un sorprendente Simone Pulcini interpreta con piglio deciso e formidabile verve. Il tutto inscatolato in quella avvincente struttura a flashback che, grazie anche al susseguirsi di incontri con personaggi tutti a modo loro memorabili, assicura brio e un ritmo indiavolato alle ore che separano il protagonista da un epilogo potenzialmente drammatico. Fosse questo il vero seguito di Trainspotting, seppur con le prevedibili virate verso la comicità farsesca e il gergo dati dall’ostentata “romanità” dell’ambientazione?
Espresse in tal modo le coordinate essenziali del lungometraggio, tocca dare la precedenza a una raccomandazione: il vivace 4021 di Viviana Lentini, film realizzato in un clima di autarchia a livello produttivo e poi distribuito con un approccio altrettanto “carbonaro”, resterà in programmazione fino all’8 febbraio 2017 al Cinema Flavio di Roma. Chiunque si trovi nella capitale e voglia confrontarsi con un taglio narrativo e registico un po’ diverso da quelli che propone abitualmente il cinema italiano più “mainstream”, farebbe senz’altro bene a fiondarsi in questa saletta alternativa ed assaporare così la genuinità di un oggetto filmico magari un po’ naïf , talvolta incerto sulla direzione da prendere, ma legato al contempo in modo arguto al nostro presente e girato pure con un certo stile in spazi della periferia romana tutti da scoprire.
Tragicommedia con un forte, coraggioso punto di vista maschile a orientarne lo svolgimento, 4021 piace e convince nella sua picaresca ibridazione di generi diversi. Un po’ “cinema della crisi”. Un po’ dark comedy. Un po’ noir metropolitano. Un po’ stravagante satira sociale. Un po’ apologo esistenzialista corredato di un conturbante finale metafisico, tutto da interpretare, destinato a far discutere a lungo gli spettatori. Ci ha colpito apprendere come tutto sia nato da una precedente pièce teatrale, per cui c’è di sicuro da congratularsi con la regista Viviana Lentini, capace in seguito di dare un senso maggiormente cinematografico a un plot già ricco di suggestioni interessanti. E poi, come abbiamo in parte anticipato, bravi gli attori. In primis il protagonista (nonché co-autore del soggetto) Simone Pulcini, ma anche gli altri, tra cui ci piace citare la giovane Elisa Billi (già presente nel cast de Il paradiso delle signore, qui assai frivola e con un divertente accento toscano), Luca Di Capua (Zio Gianni, The Pills – Sempre meglio che lavorare) e soprattutto Mirko Frezza, il quale interpretando Il più grande sogno è già diventato un’icona del cinema indipendente dal timbro più verace, “periferico”, fuori dai consueti schemi produttivi, che si realizza occasionalmente (e per fortuna, aggiungiamo noi) qui a Roma.
Stefano Coccia