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Senza occhi, mani e bocca

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VOTO: 7

Frammenti di memoria

Per chi segue Videocorto Nettuno con una certa costanza Paolo Budassi è quasi un’istituzione. I cortometraggi del film-maker romano sono stati in concorso al festival svariate volte, vincendo anche un buon numero di premi, come dimostra l’esperienza di Unisono nel 2015. Eppure, con questo nuovo lavoro Budassi sembra aver affinato ulteriormente le sue doti registiche e narrative. Lo diciamo non soltanto in virtù dei riconoscimenti tributatigli pochi giorni fa a Nettuno, che pure non sono stati pochi: Videocorto di Bronzo (nella classifica per il Miglior Film), Miglior Regia, Miglior Attrice (Alessia Pellegrino) e persino Migliori Titoli di Testa e Coda. Oltre al fatto che il corto in questione, Senza occhi, mani e bocca, parteciperà sabato 29 luglio al Santa Marinella Film Festival, ribadendo così l’interesse sollevato in giro. Tutto ciò ad arricchire quindi un tour festivaliero che aveva già portato diverse soddisfazioni, compresa la presenza a Cannes nel prestigioso Short Film Corner.

Ebbene, per certi versi il ricco palmares è appena una cartina di tornasole delle positive impressioni destate fin qui da Senza occhi, mani e bocca, riuscita prova registica in cui ci è parso di ritrovare le ossessioni stilistiche e i risvolti tematici cari all’autore, tutto però declinato prestando attenzione a un’impalcatura narrativa più solida, bilanciata, compatta. Come in altre occasioni a colpirci è stata in primo luogo la capacità del cineasta di conferire spessore a storie particolarmente sofferte, creando al contempo una suspense interna al racconto, dagli esiti inaspettati, forti, finanche catartici.
Nella fattispecie la ricomposizione del puzzle ha inizio con un ritratto femminile disturbante, traboccante di inquietudini, per cui vediamo la giovane protagonista Bianca (ossia l’intensissima Alessia Pellegrino precedentemente citata per i premi) chiusa in un forzato mutismo e ridotta dai casi della vita a vivere in strada, quale ultima conseguenza dello stesso trauma infantile che le aveva tolto all’improvviso la parola. Trauma di natura fisica o più che altro psicologica? Dal protrarsi del salvifico confronto con una psicoterapeuta più in gamba di tutte le altre incontrate prima, avrà inizio quel difficile percorso che porterà la giovane donna a ricordare i pesanti abusi che, da ragazzina, ne avevano minato l’equilibrio psichico. Con, neanche a dirlo, qualche insidiosa parrocchia sullo sfondo… una storia di (purtroppo) ordinaria pedofilia, insomma, raccontata però con livido lirismo e attraverso un meccanismo a incastri molto ben congegnato, capace di apparentare il recupero dei ricordi da parte della protagonista a un interessante crocevia, in cui smistare dramma introspettivo e vaghi accenni di thriller psicologico.

Budassi conferma peraltro una felice predisposizione ad ancorare l’anima dei personaggi ai luoghi, che sono talvolta non-luoghi, luoghi di passaggio, spazi metropolitani dall’appeal sottilmente ansiogeno. Che si tratti dell’area intorno al gasometro o di certi punti del Tevere, come quello in cui il vorticare di buste di plastica e di altri detriti attorno al dislivello delle acque crea un effetto quasi ipnotico, l’ambientazione capitolina sembra fondersi alla perfezione con gli stati d’animo e col vagabondare di Bianca. Se aggiungiamo poi la cura dei dettagli (vedi ad esempio i disegni della protagonista, autentiche tracce di memoria) a una partitura per l’occasione più solida, convincente, ci viene spontaneo azzardare che Senza occhi, mani e bocca sia il più maturo tra i corti realizzati finora da Paolo Budassi.

Stefano Coccia

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