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Overlord

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VOTO: 8

Chi non muore si rivede

Riavvolgiamo le lancette dell’orologio sino al 6 giugno 1944, ai più conosciuto come il D-Day, un giorno in cui si è scritta una delle pagine più importanti della Storia recente, di certo di uno dei più celebrati, osannati e ricordati di sempre tant’è che la Settima Arte ma anche il piccolo schermo se ne sono occupati in più di un’occasione e in diverse salse: da Ike: Countdown to D-Day a The Americanization of Emily, da Dove osano le aquile a La cruna dell’ago, da Quella sporca dozzina, da Storming Juno a Bastardi Senza Gloria, passando per Il giorno più lungo e Band of Brothers, sino a Salvate il Soldato Ryan. Ultimo in ordine di tempo a rievocarne sullo schermo alcuni degli eventi, in chiave del tutto immaginifica, è Overlord di Julius Avery, che già dal titolo lascia intuire a quale delle fasi della missione la pellicola si sia ispirata. Si tratta, infatti, dell’Operazione Overlord, il nome in codice scelto dalle forze alleate per identificare il piano di invasione dell’Europa, concepito con l’obiettivo di stabilire una testa di ponte sulla terraferma per poi invadere la Normandia e, quindi liberare la Francia.
La pellicola del regista australiano, che ha regalato una chiusura con il botto alla 18esima edizione del Trieste Science + Fiction Festival a pochi giorni dall’uscita nelle sale nostrane con 20th Century Fox, parte da quegli eventi per poi prendere derive narrative proprie. Mancano poche ore allo sbarco in Normandia (nome in codice operazione Neptune, parte marittima della più ampia operazione Overlord) e una squadra di paracadutisti americani si lancia nella Francia occupata dai Nazisti per portare a termine una missione che è cruciale ai fini del successo dell’invasione: hanno il compito di distruggere un radiotrasmettitore in cima a una chiesa fortificata. Disperati, si uniscono a un giovane francese, abitante del paese, per penetrare all’interno delle mura e far saltare la torre. Ma, in un misterioso laboratorio sotto la chiesa, i nostri, in inferiorità numerica, si trovano faccia a faccia con dei nemici che nessuno ha mai incontrato prima, ossia creature feroci e soprannaturali frutto di esperimenti su cadaveri di esseri umani.
Insomma, dimenticate quasi tutto quello che avete visto sino ad oggi in materia poiché Overlord più che ai kolossal bellici precedentemente nominati va nella direzione opposta, rilanciando il filone degli zombi nazisti caro a Herbert J. Leder, Tommy Wirkola e Steve Barker, con la mente del cinefilo di turno che non può non tornare anche al folgorante Iron Sky di Timo Vuorensola, nel quale i cattivoni del Reich tornavano dalla Luna, laddove si erano andati a rifugiare dopo la sconfitta, per consumare la propria vendetta. In particolare è con il Dead Snow (e relativo sequel) del norvegese Wirkola che la pellicola diretta da Avery e prodotta da J.J. Abrams ha maggiori affinità elettive, condividendo il medesimo folle e strabordante livello di approccio drammaturgico e messa in quadro. Entrambi i film, infatti, mettono insieme tutto quello che gli appassionati del nazi-zombie movie desidera vedere ma che l’industria cinematografica rarissime volte è disposta ad offrire. Con Overlord l’indigestione dovuta all’astinenza è a portata di mano, con una ricetta audiovisiva che raccoglie tutti quegli ingredienti utili alla causa: G.I., nazisti, horror, morti viventi, ettolitri di sangue, facce spappolate, uniformi, fucili spianati, pallottole e brandelli di carne. Il risultato è un esaltante thriller avventuroso, ricco di azione al cardiopalma sin dalle primissime inquadrature (la contraerea e il lancio con il paracadute dal velivolo in fiamme, con un twist inaspettato che regala alla platea una saporita ciliegina sulla torta.
Overlord è divertimento allo stato puro che mescola come una maionese impazzita fuori controllo generi e componenti diversi. L’autore schiaccia immediatamente il piede sull’acceleratore per lasciarlo solo con i titoli di coda. Di conseguenza la discesa negli abissi orrorifici non è in assetto variabile ma costante. Il cineasta australiano, già autori di pluri-premiati cortometraggi (su tutti Jerrycan) e del pregevole esordio sulla lunga distanza con Son of a Gun, unisce la componente action-bellica con quella horror, attingendo al prolifico filone dello zombie-movie old style con la sola eccezione che il morto-vivente qui non vuole solo divorare o contagiare i malcapitato, ma trasformarlo nel soldato sovrumano e indistruttibile che i folli scienziati del Reich hanno realmente tentato di creare.
Ne viene fuori uno show balistico, dinamitardo (spettacolare e da manuale il piano sequenza dell’esplosione multipla con pirotecnica fuga dalla fortezza) e splatter che non ha grandi pretese narrative se non quelle basilari per portare avanti un progetto che di adrenalina da sparare nelle vene del fruitore ne ha in dosi davvero massicce.

Francesco Del Grosso

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