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London Town

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VOTO: 6

Avere Joe Strummer per amico

Quasi un This is England in tono minore. L’accostamento viene spontaneo sin dalle prime battute: come nel capolavoro di Shane Meadows, anche nel film diretto da Derrick Borte (cineasta di origini tedesche, in realtà, ma trapiantato da tempo in America) l’azione è introdotta da un montaggio semi-documentaristico, in cui spezzoni di vario genere provano a descrivere il clima sociale dell’Inghilterra di qualche decade fa. La Thatcher e le sue malefatte. I riflessi colorati della “Swinging London”. Le lotte operaie. L’irrompere del punk nella scena musicale e nelle scelte esistenziali dei giovani più arrabbiati. Mentre però in This is England questi fermenti si riversavano con forza in un racconto pienamente mitopoietico, ricco di sfaccettature diverse, capace di trascendere le stesse efficacissime descrizioni ambientali per potenziare l’afflato emotivo dei personaggi, in London Town non si va oltre un pur gradevole e accattivante racconto di formazione.

Ne è protagonista un ragazzino inserito nella classica famiglia disfunzionale, Shay Baker (Daniel Huttlestone), che vive col padre e la sorellina in un angolo di provincia e da lì ha raramente l’occasione di spostarsi a Londra, dove invece si trova la madre, che ha scelto di condurre una vita irregolare e fuori dagli schemi all’interno di uno spazio occupato. Ma durante alcune di queste rare puntate nella vivacissima e turbolenta capitale inglese, al giovanissimo Shay capiterà di sperimentare un po’ di tutto: la prima cotta per una trasgressiva ragazza, la propaganda fascistoide e brutale del British National Party, qualche concerto punk destinato a concludersi in rissa, le rabbiose cariche della polizia.
Ma soprattutto un incontro casuale e totalmente inaspettato: quello con Joe Strummer dei Clash, finito una notte sul taxi che il ragazzino ha imparato clandestinamente a guidare, per compensare un momento di estrema difficoltà famigliare e sbarcare in qualche modo il lunario. Ne nascerà una bizzarra amicizia, dagli esiti ancora più sorprendenti…

L’ambientazione smaccatamente british crea empatia e un clima di amarcord sin dall’inizio, la colonna sonora con alcuni pezzi storici del punk anglosassone indubbiamente fa presa, mentre la fitta, spigliata aneddotica del lungometraggio rende comunque assai godibile la visione di London Town. Senza contare che è uno spasso vedere Jonathan Rhys-Meyers nei panni di Joe Strummer!
Ciò che manca è semmai la profondità. L’impulso a superare l’impostazione così calligrafica della messa in scena per suggerire qualcosa di più. Nonché la capacità di rendere altamente rappresentativo di un’epoca quel raccontino cinematografico esile, solo apparentemente problematico, specie se rapportato all’energia sprigionata, con ben altra incisività, dal suo precursore This is England.

Stefano Coccia

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