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VOTO: 7

La parola ai giurati… del Web

A Trieste esiste un festival che si chiama I Mille Occhi. Avremmo dovuto farcene prestare qualche centinaio, di occhi, da loro che ne hanno tanti, visto che quest’anno il Fantafestival proponeva abbastanza frequentemente proiezioni in contemporanea, tra cui era davvero difficile scegliere senza poi avere qualche rimorso. Così è andata a finire che abbiamo sacrificato quasi tutti i corti. Per fortuna almeno un cortometraggio, che sulla carta pareva assai interessante, lo abbiamo recuperato in seconda battuta. E a conti fatti ne è valsa la pena.

Il breve ma serratissimo lavoro cinematografico di cui andremo ora a parlare rappresenta inoltre l’esordio per Giulio Manicardi, giovane cineasta appassionato di horror. Anche in virtù di questo il suo Like ci ha piacevolmente sorpreso. A convincerci è stato da un lato l’approccio registico decisamente pulito, cosciente, maturo, dall’altro il modo di rimasticare diverse tendenze in atto nel thriller americano contemporaneo, quello ovviamente dalle venature orrorifiche più accentuate, pervenendo comunque a una sintesi alquanto personale.
Nei circa 20 minuti del corto il punto di partenza è rappresentato dall’esistenza inizialmente quieta di un uomo e della sua famigliola, comprendente moglie, figlioletto e cane simile a Lassie. Apparentemente un idillio. Ma pare anche, da subito, che la loro vita quotidiana venga osservata da un obbiettivo indiscreto (il che sembrerebbe quasi indirizzare il plot verso la classica home invasion), per cui un primo segnale di inquietudine viene immediatamente stabilito. Il capofamiglia viene poi seguito da quell’occhio esterno in una strana situazione, da cui si deduce che l’uomo ama adescare ragazzine. E a quel punto il twist decisivo, brutale, che vede il protagonista rapito, segregato e condotto in un macabro show per il web, da parte di un istrionico vendicatore determinato a fargliela pagare cara, ma soltanto dopo che la giuria della rete si sarà espressa a suon di click sul sito da lui creato.

Tante sono le piste che da questa breve sintesi possono emergere: per l’appunto home invasion (almeno come suggestione iniziale), revenge movie, thriller aderente alle nuove fobie da cyber crime (vedi ad esempio l’ottimo Nella rete del serial killer di Gregory Hoblit), pratiche da snuff movie, tutto però rimescolato a gran ritmo e con un villain alquanto carismatico a condurre il sadico gioco. Si potrebbe obbiettare che pochi invece sono gli elementi veramente originali. Ma quei pochi, assieme a un certo scrupolo filologico nel far rivivere le tensioni più morbose di tale genere, sono sufficienti a creare una suspance autentica, che trova poi il giusto sigillo in un finale che è forse la cosa migliore del film, tanto per le modalità della messa in scena che per l’insolito timbro conferito all’etica distorta e maliziosa dell’assassino.

Stefano Coccia

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