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Ghostbusters Italia

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VOTO: 6.5

Non solo un semplice omaggio

Chi ha avuto modo di frequentare l’Auditorium Parco della Musica durante l’ormai storica Festa del Cinema di Roma, probabilmente ricorderà di quando un nutrito gruppo di “ghostbusters” ha attraversato, tra gli applausi degli astanti, il red carpet. Si è trattato di una visita al festival romano da parte del noto fanclub – l’Associazione culturale Ghostbusters Italia – dedicato alla mitica pellicola Ghostbusters, diretta da Ivan Reitman nel 1984 e che ha visto un sequel, una relativa serie televisiva e addirittura una sua versione in chiave femminile. Bypassando (comprensibilmente) quasi del tutto questo ultimo prodotto, il suddetto fanclub ha voluto dar vita a un sentito omaggio alla fortunata saga, realizzando un fan film – Ghostbusters Italia – diretto da Federico Anzini e presentato in anteprima alla trentottesima edizione del Fantafestival.

Questa volta ci troviamo in Italia, nel 2018. Emulando quanto i ghostbusters originali hanno fatto in passato, quattro ghostbusters nostrani – Johnny, Fabio, Clay e il veterano Guusc – continuano senza sosta a catturare fantasmi, illustrando il loro singolare lavoro ai bambini delle scuole e fronteggiandosi anche con un maldestro veggente truffaldino che, tuttavia, è riuscito a trovare un modo per evocare pericolosi spiriti dal passato.
Secondo le dichiarazioni di chi ha preso parte in prima persona alla lavorazione del presente lungometraggio, l’intento principale che ha fatto sì che esso stesso vedesse la luce, è il voler creare un omaggio, divertente, divertito e, soprattutto modesto. Modesto proprio come il budget di lavorazione – inferiore a 5000 euro e frutto di donazioni da parte di chi ha voluto sostenere il relativo crowdfunding. Malgrado tali premesse e, soprattutto, malgrado gli scarsi mezzi a disposizione e la scelta di un cast formato da attori non professionisti, questo Ghostbusters Italia si è rivelato, al di là di ogni più ottimistica aspettativa, particolarmente ricercato e decisamente ben riuscito, sia dal punto di vista registico che delle suggestive location in esterno, che, soprattutto dal punto di vista degli effetti speciali, talmente raffinati che – volendo fare un’affermazione un po’ cattivella – non fanno neanche lontanamente somigliare il presente lavoro a un prodotto italiano.
Se, tuttavia, c’è qualcosa che del presente lavoro proprio non convince, è, paradossalmente, proprio il doppiaggio dei personaggi. Se, infatti, da un lato è sempre problematico ottenere un risultato soddisfacente da attori non professionisti, dall’altro sarebbe stato anche interessante vedere come tutti quanti se la sarebbero cavata (particolarmente interessante, a tal proposito,proprio la scelta di far parlare uno di loro con un marcato accento veneto), senza rischiare quell’effetto posticcio e decisamente respingente che è stato ottenuto proprio in questo caso. Ma, si sa, non si può avere tutto. Soprattutto quando è il prodotto stesso che è nato senza avere troppe pretese, ma con il solo scopo di rendere omaggio a quanto realizzato in passato. Sono, dunque, una sceneggiatura semplice ma lineare, unitamente a una grande passione di base a rendere il presente lungometraggio gradevole e divertente. Con tanto di commovente dedica finale all’indimenticato Harold Ramis.

Marina Pavido

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