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Cani di razza

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VOTO: 7.5

Questione di punti

Il lupo perde il pelo ma non il vizio, recita un detto popolare. Quello della coppia di registi formata da Riccardo Antonaroli e Matteo Nicoletta è al tempo stesso anche una virtù e un pregio, ossia di regalare alle platee risate a profusione con i lavori sulla breve distanza dei quali firmano regia e sceneggiatura. Con il precedente e pluridecorato Tinder Sorpresa (diretto da Antonaroli e scritto a quattro mani con Nicoletta), il duo ci aveva dato un piccolo e succulento assaggio del loro modus operandi, portando sullo schermo la delirante odissea di un ragazzo dedito allo studio, poco avvezzo al divertimento e alla vita mondana, alle prese con un viaggio senza ritorno in un susseguirsi di episodi tragicomici che attraversano tutta la notte fino l’alba.
Sulla stessa scia si muove anche il lavoro successivo dal titolo Cani di razza, presentato nel concorso della 13esima edizione di Cortinametraggio, che racconta un’altra tragicomica odissea, ma stavolta vissuta dai protagonisti di turno nei meandri machiavellici e poco meritocratici della Settima Arte, tra corridoi e stanze ministeriali, bandi, sponsorizzazioni, set, produttori e pratiche poco lecite. Lo short ci porta al seguito di Giulio e Vincenzo, due sceneggiatori trentenni che, dopo essers vista rifiutata l’ennesima richiesta di finanziamento, decidono di scrivere un cortometraggio ad hoc per vincere il Nastro d’Oro. Per impietosire il pubblico Vincenzo, propone come protagonista suo cugino Corradino un ragazzo sulla sedia a rotelle, che può comunicare solo tramite una voce computerizzata. Corradino accetterà ma ad una condizione: dovrà essere anche il regista dell’opera. I due sceneggiatori inoltre saranno obbligati ad inserire nel cast un noto attore italiano che piace al “sistema”, come pedina fondamentale per ottenere il finanziamento del ministero. L’opera convince critica e pubblico, vincendo l’agognato premio. Ma il neo regista, contro ogni finto buonismo, se ne approfitterà costringendo i due sceneggiatori a scendere dal carro dei vincitori.
L’arma in più nelle mani di Antonaroli e Nicoletta è la comicità strabordante che trasuda senza soluzione di continuità dalla scrittura prima e dalla sua trasposizione poi. Ma la vera forza intrinseca dell’opera è la capacità di questa e dei suoi autori di dare vita a un mix esplosivo di humour nero e politically uncorrect, con il quale i due registi mettono in scena attraverso i dialoghi e una sequenza di scene davvero efficaci (vedi il momento delle riprese sul set) il malcostume e il cattivo gusto imperanti nella Società odierna, focalizzando l’attenzione sul mondo del cinema che ne diventa lo specchio che li riflette. Ne viene fuori una irresistibile black-comedy, impreziosita da un gruppo di attori (tra cui Giorgio Colangeli, Niccolò Senni, Giuseppe Ragone, Ninni Bruschetta e lo stesso Matteo Nicoletta nei panni di Corradino), che riporta alla mente certe dinamiche di Boris o di operazioni analoghe sulla breve distanza come Pre Carità, dove la comicità intelligente e il cinismo diventano delle lame affilatissime per trattare un tema delicato come la disabilità.

Francesco Del Grosso

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