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Beata ignoranza

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VOTO: 6.5

I tempi sono cambiati

L’ultima fatica dietro la macchina da presa di Massimiliano Bruno dal titolo Beata ignoranza, nelle sale con 01 Distribution a partire dal 23 febbraio, conferma ancora una volta le sue indubbie doti di scrittura (e dei collaboratori che di volta in volta lo affiancano in questa fase), che si materializzano sulla carta prima e sullo schermo poi attraverso una buona gestione dei tempi comici e una costruzione di situazioni che sanno come intrattenere e strappare più di un sorriso alla platea di turno. Qualità, queste, che l’attore, sceneggiatore e regista capitolino ha ereditato dalla vecchia scuola, quella della tanto celebrata commedia nostrana degli anni d’oro, che nel proprio DNA accompagnava alla risata anche una dose abbondante di spunti di riflessione su temi seri e significativi. Il risultato erano sorrisi amari a grappoli, gli stessi che a distanza di decenni Bruno prova con i suoi film, le sue storie e i personaggi che le animano, a rievocare, soffermandosi però su temi attuali e di interesse sociale, senza banalizzarli e dare spazio a luoghi comuni: dalla crisi economica e la disoccupazione di Nessuno mi può giudicare e Gli ultimi saranno ultimi,  alla malattia di Confusi e felici, passando per i mali e i vizi della politica di Viva l’Italia sino ai problemi legati al cambiamento dei rapporti umani nell’era di Internet della sua nuova pellicola. Ed è proprio in questa commistione di serio e faceto, che oltreoceano e nei Paesi anglosassoni hanno battezzato dramedy, che il cinema di Bruno naviga a vista. Una commistione che ha permesso alle cinque pellicole che portano la sua firma, compresa quest’ultima, di galleggiare sempre e comunque al di sopra della soglia della sufficienza.
Ma c’è un ma, ossia la continuità, quella necessaria a dare ai suoi film lo stesso equilibrio e la stessa andatura dall’inizio alla fine. Come nei precedenti, anche in Beata ignoranza si possono individuare momenti di incertezza e di perdita di brillantezza. La storia e i personaggi hanno sempre bisogno di un momento più del dovuto per ingranare, e quest’utlima pellicola non fa eccezione. Non è un caso, allora, che anche questa volta il meglio arrivi nella parte centrale, lì dove la scrittura ha finalmente trovato la quadratura e imboccato la retta via. Ed è lì che Beata ignoranza inizia a funzionare a pieni giri, anche e soprattutto grazie alla coppia protagonista formata da Marco Giallini e Alessandro Gassmann. L’affiatamento, la sintonia e il loro completarsi a vicenda, già misurati qualche stagione fa in occasione di un primo breve round andato in scena in Tutta colpa di Freud, fa la differenza nell’economia della timeline e serve al film per spingere l’acceleratore sulla componente comica, calamitando l’attenzione dello spettatore quando ci si trova in prossimità di possibili defiance.
I due attori romani si calano nei panni di Ernesto e Filippo, due personalità agli antipodi e un unico punto in comune: sono entrambi professori di liceo. Filippo è un allegro progressista perennemente collegato al web. Bello e spensierato è un seduttore seriale sui social network. E’ in grado di sedurre anche i suoi studenti grazie a un’app, creata da lui, che rende immediata la soluzione di ogni possibile calcolo. Ernesto è un severo conservatore, rigorosamente senza computer, tradizionalista anche con i suoi allievi, che fa della sua austerità un punto d’onore e vanta una vita completamente al di fuori della rete. E’ probabilmente l’ultimo possessore vivente di un Nokia del ’95. Un tempo erano “migliori amici” ma uno scontro profondo e mai risolto li ha tenuti lontani, fino al giorno in cui si ritrovano fatalmente a insegnare nella stessa classe. I loro punti di vista opposti li portano inevitabilmente a una nuova guerra. Saranno obbligati ad affrontare il passato, che ritornerà nelle sembianze di Nina, una ragazza che li sottoporrà a un semplice esperimento che si trasforma in una grande sfida: Filippo dovrà provare a uscire dalla rete ed Ernesto a entrarci dentro. Questo viaggio li cambierà profondamente, costringendoli a trovare un equilibrio, sempre più raro e delicato ai giorni nostri, tra la coscienza globale di chi si affida alla rete e la totale indifferenza di chi si ostina a resistere a oltranza all’epoca digitale.
Bruno si confronta con una serie di tematiche universali, declinandole al presente che stiamo vivendo. Il plot di Beata ignoranza ruota principalmente intorno al già citato tema del cambiamento dei e nei rapporti umani nell’era di Internet, attraverso una lotta intestina tra pro e contro dell’utilizzo delle nuove tecnologie, tra chi preferisce la sana e vecchia interazione umana della condivisione e chi al contrario preferisce quella digitalizzata. Di mezzo ci vanno i sentimenti e i rapporti tra gli esseri in carne ed ossa, compresi quelli di sangue, affettivi o amorosi. Quando la scrittura inizia a setacciarli, abbandonando più o meno momentaneamente il discorso se sia giusto oppure no affidarsi a Internet e alla sue estensioni per condividere qualcosa, ossia quando si torna nella vita reale, la pellicola ne risente. Le medesime flessioni avvertite nel momento in cui l’autore tenta di fare più di una parentesi sulla scuola e sulla sua evoluzione (informatizzazione, utilizzo delle moderne tecnologie per fini didattici). Fortunatamente non va a raschiare il barile come La scuola più bella del mondo di Luca Miniero, ma poco ci manca.
Ciò che resta è comunque un film piacevole, imperfetto come abbiamo avuto modo di vedere, ma in grado di sollevare il morale e divertire grazie ai duetti Gassmann-Giallini e a intuizioni che, seppur già viste al cinema (vedi l’uso degli “a parte” in stile Alfie), qui funzionano benissimo.

Francesco Del Grosso

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