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78/52

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"78/52", di Alexandre O. Philippe (USA, 2017)
VOTO: 7

Cut!

Si potrebbe cominciare con uno dei termini più abusati e involontariamente comici della critica web: necessario. Può essere definito tale un documentario che spettacolarizza l’omaggio, che si fa film esso stesso per osannare l’icona?

La risposta non può che essere negativa, in quanto Psycho stesso, come qualsiasi opera artistica, non è necessario in senso assoluto, e perché definire necessario il ribadimento dell’importanza di una delle scene più conosciute, omaggiate e copiate della storia, al punto da essere entrata nel dna della cultura occidentale ben oltre i confini cinematografici, ha il sapore della tautologia grottesca.

Quello del mito che alimenta se stesso è un pericolo di qualsiasi agiografia culturale; a maggior ragione se questa perde il filtro della parola scritta, diventando intrattenimento televisivo a tutti gli effetti, pura fruizione “porno-agiografica”. Eppure, al contrario di altri titoli del passato recente, come il pessimo Room 237, 78/52 riesce a rifuggire l’idolatria spinta, trovando per quanto possibile un distacco didattico nell’approccio. A partire dallo stesso titolo, che richiama con freddezza statistica il numero di inquadrature e stacchi di montaggio: una dissezione, un’autopsia, più che una celebrazione. Finendo per essere un ibrido, perché al termine dei 90 minuti circa di lezione di cinema di Alexandre O. Philippe si ha la percezione della reverenza verso una delle pellicole e scene più iconiche della storia del cinema, senza però che questa degeneri in visione da culto religioso.

Sulla falsariga dell’opera omaggiata/analizzata, 78/52 si suddivide in due parti: una prima in cui si ricorda l’importanza e l’influenza di Psycho in generale, dandogli una collocazione innanzitutto socio-culturale, fondamentale per comprendere in pieno la rivoluzione messa in atto dal film, una seconda che entra invece in dettaglio sulla scena della doccia. Diventando montaggio esso stesso, a incalzare la carrellata di commentatori illustri (da Del Toro a Bogdanovich, dai figli d’autore Oz Perkins e Jamie Lee Curtis a Danny Elfman e Walter Murch, da Eli Roth a Leigh Whannell).

Pur ribadendo molti punti ovvi per gli appassionati non solo di Hitchcock ma del cinema in generale (come ad esempio l’innovazione, in realtà non assoluta, del non fare entrare il pubblico in sala a film iniziato e l’uso di sciroppo di cioccolato e del melone casaba per gli effetti di sangue e suono del coltello che penetra la carne), 78/52 riesce a regalare qualche approfondimento intrigante anche per i cinefili avanzati: ad esempio, degna di nota è l’analisi del quadro che Norman toglie per poter spiare Marion, non solo una delle tante Susanna e i vecchioni dell’iconografia mondiale, ma nello specifico interpretazione dell’olandese Frans van Mieris il Vecchio (1635-1681), che la esasperò al punto da renderla una violenza carnale. Altro momento interessante è negli omaggi dichiarati di grandi artisti del cinema americano come Coppola e Scorsese, che copiarono a loro modo la scena della doccia ne La Conversazione e in Toro Scatenato.

C’è anche il merito di riconoscere i meriti ai collaboratori di Hitch, cosa che, in un’epoca critica drogata di teoria auteur, è un piccolo miracolo (sebbene si potesse sottolineare maggiormente l’importanza, soprattutto in quanto documentario incentrato su uno dei capisaldi della storia del montaggio, di George Tomasini, lo straordinario montatore non solo dei capolavori di Hitchcock degli anni ’50 e ’60, ma anche di Stalag 17, Gli Spostati, L’uomo che visse nel futuro, Il promontorio della paura, morto prematuramente nel 1964 a 55 anni).

Non c’è nessun MacGuffin, in 78/52; nessun colpo di scena, nessun momento memorabile, nessun grande guizzo interpretativo. C’è però un onesto, equilibrato pezzo di critica audiovisiva. Da questo formato, difficile poter esigere di più.

COMMENTO ALL’EDIZIONE BLU RAY MIDNIGHT FACTORY

“Ma è su Netflix!” La principale, possibile contestazione di un potenziale acquirente dell’edizione home video del film è che appunto questi è trovabile, addirittura in anticipo rispetto all’uscita Midnight, nella piattaforma streaming più famosa e influente del mondo. Quindi perché comprare il blu ray? Principalmente per due motivi. Innanzitutto perché, non essendo un produzione Netflix, è probabile che la sua permanenza sia limitata nel tempo, con una scadenza ben precisa; in secondo luogo perché su Netflix è presente il documentario nudo e crudo, mentre il blu ray, come tutti i prodotti Midnight Factory, è provvisto di un reparto extra che dà la possibilità di approfondire ulteriormente la materia. Qui i fiori all’occhiello sono le versioni integrali delle interviste a Guillermo del Toro e Walter Murch; brilla soprattutto il lungo contributo – quasi un’ora – del secondo, uno dei giganti assoluti del montaggio cinematografico (senza dimenticare la sua unica ma memorabile prova come regista, nel gotico disneyano Nel fantastico mondo di Oz), che non si limita a discutere della scena della doccia, ma allarga gli orizzonti per giungere a profonde riflessioni di filosofia dell’editing. Completano l’offerta due spezzoni televisivi in cui il regista Alexandre O. Philippe discute del progetto e una registrazione audiovisiva della colonna sonora. Insomma, cinefili e hitchcockiani possono vedere questa edizione di 78/52 come un valore aggiunto e non un inutile feticcio fisico di un prodotto vedibile in streaming.

78/52
USA, 2017
Regia di Alexandre O. Philippe
Con Guillermo Del Toro, Eli Roth, Walter Murch, Oz Perkins, Jamie Lee Curtis, Peter Bogdanovich
Aspect Ratio: 1.85:1
BD-50
Durata: 92 minuti
Audio: Italiano – 5.1 DTS HD master audio; Inglese – 5.1 DTS HD master audio
Sottotitoli: Italiano
Extra:
– Scena del melone (2’47”)
– Intervista a Guillermo Del Toro (22’08”)
– Intervista a Walter Murch (55’28”)
– Registrando la colonna sonora (19’34”)
– Introduzione a Psycho (5’57”)
– Conclusione di Psycho (4’00”)
– Booklet con commento critico di Manlio Gomarasca e Davide Pulici, fondatori di Nocturno

Riccardo Nuziale

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